
03 Ott Allenarsi a fallire è l’unico modo.
Sono un’appassionata di cucina e dedico molto tempo a consultare le ricette e a guardare i video dei miei chef preferiti per scoprire nuovi piatti da creare. Proprio ieri, la mia ricerca mi ha portato a esplorare i modi per realizzare deliziosi tartufi con la pasta. Come forse saprete, il tartufo estivo in Italia manca di sapore. Max Mariola l’ha definita con umorismo “patata”, offrendo spunti per esaltarne il gusto. Non era una cosa insolita, se non fosse che ora il mio feed di YouTube è inondato di teorici del design e di individui che modellano la pasta fatta in casa. È un senso di appartenenza confortante.
Scorrendo questi video, mi sono imbattuta in una tendenza emergente: persone che documentano i fallimenti delle ricette. Soprattutto tra i più giovani, mostrano il loro percorso verso la padronanza delle ricette dei loro sogni (si pensi alle pizze soffici, ad esempio), mostrando ogni tentativo. Successo e fallimento si mescolano nelle loro narrazioni. Un esempio lampante è Alex, alias French Guy Cooking, che opera dal suo scantinato. Il suo spazio libero è una tela per sperimentare ricette diverse, spesso ispirate da chef rinomati. Alex incarna lo spirito di chi impara, condividendo la sua crescita in ogni video, come la sua ricerca di perfezionare un purè di patate da 3 stelle Michelin.
Dopo numerose prove, alla fine arriva a delle soluzioni, anche nei momenti in cui contempla la resa quando le idee si esauriscono.
Apprezzo molto questa mentalità e faccio un parallelo con la tenacia che si trova nello sport. L’etica di provare, allenarsi e perseverare fino al trionfo.
Dove questa etica sembra assente? La comunità del design.
Ora, non fraintendete le mie parole come giudizi generalizzati, ma c’è un’aura di invincibilità che circonda i designer che sembra un po’ artificiosa. Ricorda l’autodifesa, un ambito in cui regna la vigilanza e la soluzione progettuale è unicamente nelle proprie mani, uno strumento che salva il mondo. Questa disposizione appare particolarmente accentuata nel circuito del design italiano: “fake it until you make it”. Spesso si viene trascurati finché non si raggiunge una certa statura e le opportunità scarseggiano. Così, quando si presenta un’occasione, si tende a coglierla, proiettando un’aria di celebrità o di maestria, guadagnata o meno.
Ma indovinate un po’? Il fallimento è la porta indispensabile per il successo. [applause]
Potrebbe sembrare banale fuori dal contesto, ma il concetto di fallimento, visto come una pietra miliare sulla via della maestria, merita di essere contemplato.
Ricordo che avevo 15 anni quando ho iniziato a suonare la chitarra. Armato di una chitarra economica, pizzicavo diligentemente le singole note. È un processo semplice: si mette un dito su una corda con la mano sinistra e si pizzica con la destra per ottenere un suono. Durante i primi tentativi, la stringa potrebbe rimanere muta. Quando si impara uno strumento musicale, anche un suono debole segna un progresso, anche se viene considerato un fallimento nel suonare la chitarra. Non c’è da preoccuparsi: pochi istanti dopo si riprende a lavorare, perfezionandosi fino a raggiungere la padronanza. Questo regime continua ogni giorno fino a quando non si riesce a strimpellare abbastanza accordi da regnare sui canti del campeggio.
Il design segue uno schema simile. La distinzione chiave sta nell’intervallo tra il primo e il secondo tentativo, molto più lungo di tre secondi. Per valutare il successo o il fallimento e garantire i risultati, è necessario più tempo. Sfortunatamente, i tempi lunghi impediscono una gratificazione immediata. Ad aumentare la complessità, la progettazione manca di un metro di giudizio standardizzato per valutare il successo.
Consideriamo un atleta olimpico che investe quattro anni per fare uno sprint di pochi secondi. I progressi sono quantificabili, misurati in pochi secondi. Il design, tuttavia, sfugge a tale quantificazione, rendendo difficile discernere i risultati ottimali. La dura verità è che il mercato funge da tester definitivo. Convincere un marchio a investire nel vostro progetto dà inizio a un processo in cui il giudizio delle persone determina il successo o il fallimento.
Che cos’è il fallimento quando si tratta di progettare? Penso che non esista una definizione.
Il fallimento diventa un catalizzatore all’interno del processo di progettazione, anche se si riesce a fare centro al primo tentativo. Sperimentare soluzioni alternative, anche quando si è sicuri della propria direzione, serve da cartina di tornasole per le proprie scelte. L’unico modo per verificare l’efficacia del progetto è il test. Anche quando si modella un oggetto, se ne creano decine per decifrare ciò che si allinea meglio con i propri obiettivi.
Se sei un designer esperto che sta leggendo queste righe, probabilmente starai facendo un cenno di assenso. Le vostre azioni riflettono questa metodologia. Ma perché questo impegno passa spesso inosservato?
La discrepanza nasce dal fatto che chi ha il compito di comunicare il lavoro dei designer spesso non ha una visione del processo di progettazione. Immaginate un rappresentante della comunicazione o del marketing di un’azienda di design a cui viene chiesto di presentare il culmine di un progetto durato due anni: probabilmente assisterete a un video in cui un designer fa uno schizzo su carta casuale, osservando un artigiano che leviga il legno, il tutto immerso in un delicato controluce accompagnato dalla tranquilla musica gratuita di Bensound.
Questa farsa intrappola molti di noi, fino a quando non raggiungiamo un peso sufficiente per affermare la nostra prospettiva e controllare la narrazione del nostro lavoro. Alcuni individui mostrano lo sforzo minuzioso investito nelle loro creazioni e si guadagnano il giusto riconoscimento. Stefan Diez ne è un esempio lampante: la sua dedizione e la sua risolutezza traspaiono dal suo lavoro, con benefici inequivocabili per ogni progetto.
Qual è la soluzione?
Sorprendentemente, nulla di rivoluzionario. Sosteniamo in modo collaborativo la trasparenza nel campo della progettazione per trasmettere davvero il difficile processo.
Oggi si celebra il 39° rifiuto di un progetto iniziato nel 2015. Rivedendolo nel 2020 per perfezionarlo e dopo aver realizzato 20 prototipi all’inizio del 2023, possiedo finalmente qualcosa degno di essere condiviso con potenziali partner ed editori. Sono consapevole che trovare un collaboratore adatto per questa impresa così particolare non sarà facile. Eppure, come per le questioni di cuore, la mia fiducia persiste.